BELLUNO. Un combattente, che accetta di smettere per diventare super
partes. Il nuovo presidente del consiglio comunale di Belluno è
Francesco Rasera Berna, avvocato, già Rifondazione Comunista, oggi in
Sel, alla sua sesta esperienza in consiglio ma anche ex assessore.
Perché questa scelta?
«Me l’hanno chiesto e ho accettato, perché il consiglio
comunale è il luogo della politica cittadina e presiederlo è un compito
di grande responsabilità di cui andare orgoglioso. Dopo anni di lotte di
parte, questa sarà un’esperienza diversa, piena di possibili sviluppi
positivi per la città. Per fare il presidente non bisogna avere
fanatismi nè dogmi e io, pur essendo sempre stato un radicale, non ne
ho».
Non sarà dura rinunciare alle battaglie?
«Credo che questa, per me, sarà l’ultima volta in consiglio.
Dopo vent’anni, smettere di fare il combattente e concludere con un
nuovo ruolo, mi è sembrato interessante, anche perché ho delle idee per
il consiglio comunale».
Quali sono?
«Il consiglio non è più quel luogo di progettazione della città
che era quando, da ragazzo, andavo ad assistere alle riunioni. Le cause
sono tecniche e politiche, ma ora l’urgenza è ricostruire quel ruolo di
centralità politica del consiglio».
Nell’ultima seduta l’opposizione ha bocciato la modifica
proposta dalla giunta, chiedendo una revisione più approfondita dello
Statuto.
«Lo Statuto va aggiornato e adeguato alle nuove norme, ma ciò
che va modificato, per un funzionamento più efficace del consiglio, è il
regolamento. Bisogna evitare di parlarci addosso per ore. È legittimo
che ognuno dica la sua, ma la vera scommessa è capire se alcune
decisioni si possono assumere nelle commissioni. Non sono sicuro che sia
possibile, ma durante le commissioni i consiglieri possono entrare
nel merito ed essere operativi e sarebbe importante rendere il loro
lavoro più efficace e definitivo».
Nella scorsa consiliatura lei ha fatto parte della
commissione paritetica che doveva riscrivere Statuto e regolamenti. Si
riparte da lì?
«C’è un lavoro e lo distribuirò alla prima riunione della
conferenza dei capigruppo (lunedì) chiedendo come vogliono procedere.
Aggiungo il Regolamento per la partecipazione, quello esistente è troppo
“aulico”. C’è la necessità di interagire di più con la città e con le
sue forme associative. Bisogna creare una rete in cui al centro c’è il
consiglio e attorno la città in tutte le sue espressioni.Solo così il
consiglio torna a essere il luogo capace, nelle sue forme istituzionali,
di intessere rapporti con la realtà secondo canoni di partecipazione
semplici, trasparenti e efficaci».
Nel suo discorso di insediamento, lei ha citato la scarsa affluenza alle urne. Sente questo peso?
«È un problema che mi pongo da vecchio proporzionalista.
L’intero consiglio rappresenta il 57% dei bellunesi, abbiamo un debito
con l’altro 43%, quanto meno di ascolto. Il contatto con la città va
ricostruito, dobbiamo aprirci al confronto, parlare con la gente. Per
questa amministrazione, come per le altre, la scommessa è far uscire
Belluno dalla crisi e questo passa anche attraverso la legittimazione,
agli occhi dei cittadini, del consiglio come luogo dei progetti e delle
idee. Sogno una città dove tutti stiano bene».
Sembra ottimista.
«Non molto, perché vedo che prevalgono logiche di schieramento
e perdere tempo non serve nessuno. Mi auguro che col tempo la campagna
elettorale finisca e che si possa trovare un percorso comune, entrando
nel merito delle questioni».
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