Intervista a Luciano Gallino
Rachele Gonnelli - L'Unità, 31 gennaio 2013
«Un cortese distacco». Così il professor Luciano Gallino definisce il
suo addio a tutta l`operazione che oggi va sotto il nome di Rivoluzione
civile o lista Ingroia. In realtà, al di là dei modi compassati e
gentili che gli sono propri, la sua è una bocciatura politica senza
appello. Tanto più rilevante perché viene da uno dei padri fondatori di
Cambiare Si Può, anzi dal primo firmatario dell`appello, oltre che da
uno degli studiosi italiani più quotati a livello internazionale di
capitalismo e relazioni sociali, con un curriculum che parte dal centro
studi di Adriano Olivetti, passa per l`università di Stanford e approda
all`Accademia dei Lincei.
Professore lei ha detto a MicroMega che voterà Sel. Come ha maturato questa svolta rispetto a precedenti collocazioni?
«È successo che ci sono state alcune belle assemblee, molto stimolanti,
alle quali ho partecipato. Ma che poi, quando il progetto nato lì come
Cambiare Si Può si è calato nella discussione sulle liste e sulle
alleanze, la prospettiva si è complicata e ha preso una direzione che
personalmente non mi sento di condividere. C`è stata anche una votazione
in cui io e altri tra i primi firmata- ri dell`appello non abbiamo
condiviso la scelta, approvata a maggioranza, di accettare di proseguire
il cammino indicato da Ingroia. A quel punto avevo delle scelte
limitate: non votare, chiedere asilo politico in Tasmania oppure
appoggiare una forza che, pur minoritaria, tutto sommato è una voce che
dice qualcosa d`interessante sulla finanza e il lavoro, cioè sui temi ai
quali ho dedicato gli ultimi 15 anni di studio».
Parla di Sinistra
ecologia e libertà?
«Sì».
È tra i delusi dell`eccessiva presenza di partiti nella lista Ingroia?
«No, guardi, pur sottolineando l`importanza dei movimenti, ritengo che
la forma partito sia fondamentale, proprio per portare le istanze dei
movimenti in Parlamento. Solo non è esattamente moderno ciò che vedo in
quella lista, nelle persone che ci sono. Ingroia e i suoi non mi pare
abbiano cose interessanti da dire sui temi di cui mi occupo come la
riforma delle banche a livello europeo. Non è un rimprovero e non faccio
questioni di persone, si occupano di altro, è un fatto di ruolo e di
attenzione del tutto legittimo. Ma non mi interessa».
Mi risulta che abbia anche sottoscritto un appello a sostegno
di Giulio Marcon, ex portavoce di Sbilanciamoci, insieme ai suoi
colleghi Saskia Sassen, Richard Sennett e a intellettuali italiani come
Fofi, Castellina e altri.
«Sì, voterei volentieri per Marcon, purtroppo non solo non ci sono le
preferenze ma si presenta in Veneto e io voto a Torino. L`ho incontrato a
qualche convegno ma soprattutto il sito di Sbilanciamoci è uno dei
pochi, uno o due in Italia, che si leggono con profitto».
Dunque sceglie il centrosinistra. Cosa dovrebbe fare secondo lei per farci uscire dalla crisi?
«Siamo di fronte ad un bivio e qualcuno ha già deciso quale strada
prendere, una strada che
ritengo sbagliata. Se Sel e il Pd riusciranno a
ottenere l`autonomia in Parlamento è probabile una politica un po`
più progressista. Se invece si dovrà ricorrere ad una alleanza con Monti
temo che il tasso di apertura del Pd si possa restringere e che abbia
la meglio l`ala più conservatrice, più sensibile alle politiche di
austerità europee, anche se con un minimo di attenzione in più di Monti
rispetto alle problematiche del lavoro».
II suo è dunque un ragionamento sul voto utile?
«L`idea del voto utile non mi è mai piaciuta. Inoltre credo che se Sel
riesce comunque a portare in Parlamento una parte dei suoi candidati mi
auguro che questi potranno fare dichiarazioni, prese di posizione contro
il taglio del welfare e le politiche di austerità, contro il patto
fiscale che il Pd sostenendo il governo Monti ha approvato con una
modifica costituzionale disastrosa. Il pareggio di bilancio nella
Costituzione porterà ad una inaudita cessione di sovranità, significa
che la nostra politica fiscale sarà fatta a Bruxelles. Un suicidio
perché le ricette adottate fin dal 2010 spingeranno i Paesi con
strutture meno solide come l`Italia verso un decennio di recessione».
Lei non crede nella ripresa economica a partire dalla seconda metà del 2013?
«Sono anni che si fanno previsioni di riprese e ripresine che poi sono
ben poca cosa. E anche nel caso questa ripresina ci fosse, se non
fondiamo lo sviluppo su altre basi, su una crescita meno forsennata e
disastrosa in termini ecologici, finalizzata a beni utili, ad esempio su
un`industria meno vorace in termini energetici, non avremo fatto
nulla».
Per I`llva, come per Mps, pensa a un salvataggio statale?
«Mps fa tanto scalpore ma è uno dei casi della finanza-casinò, per
usare un termine di Keynes. Certo, hanno trovato in un giorno 3,9
miliardi per Mps e non i 4 miliardi che servono per avviare la bonifica e
la riconversione di Taranto, che interessa centinaia di migliaia di
persone, lavoratori e famiglie».
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