Circolo di Belluno

venerdì 22 giugno 2012

Rasera Berna «Il consiglio ritorni il luogo delle idee»

BELLUNO. Un combattente, che accetta di smettere per diventare super partes. Il nuovo presidente del consiglio comunale di Belluno è Francesco Rasera Berna, avvocato, già Rifondazione Comunista, oggi in Sel, alla sua sesta esperienza in consiglio ma anche ex assessore.

Perché questa scelta?
«Me l’hanno chiesto e ho accettato, perché il consiglio comunale è il luogo della politica cittadina e presiederlo è un compito di grande responsabilità di cui andare orgoglioso. Dopo anni di lotte di parte, questa sarà un’esperienza diversa, piena di possibili sviluppi positivi per la città. Per fare il presidente non bisogna avere fanatismi nè dogmi e io, pur essendo sempre stato un radicale, non ne ho».

Non sarà dura rinunciare alle battaglie?
«Credo che questa, per me, sarà l’ultima volta in consiglio. Dopo vent’anni, smettere di fare il combattente e concludere con un nuovo ruolo, mi è sembrato interessante, anche perché ho delle idee per il consiglio comunale».

Quali sono?
«Il consiglio non è più quel luogo di progettazione della città che era quando, da ragazzo, andavo ad assistere alle riunioni. Le cause sono tecniche e politiche, ma ora l’urgenza è ricostruire quel ruolo di centralità politica del consiglio».

Nell’ultima seduta l’opposizione ha bocciato la modifica proposta dalla giunta, chiedendo una revisione più approfondita dello Statuto.
«Lo Statuto va aggiornato e adeguato alle nuove norme, ma ciò che va modificato, per un funzionamento più efficace del consiglio, è il regolamento. Bisogna evitare di parlarci addosso per ore. È legittimo che ognuno dica la sua, ma la vera scommessa è capire se alcune decisioni si possono assumere nelle commissioni. Non sono sicuro che sia possibile, ma durante le commissioni i consiglieri possono entrare nel merito ed essere operativi e sarebbe importante rendere il loro lavoro più efficace e definitivo».

Nella scorsa consiliatura lei ha fatto parte della commissione paritetica che doveva riscrivere Statuto e regolamenti. Si riparte da lì?
«C’è un lavoro e lo distribuirò alla prima riunione della conferenza dei capigruppo (lunedì) chiedendo come vogliono procedere. Aggiungo il Regolamento per la partecipazione, quello esistente è troppo “aulico”. C’è la necessità di interagire di più con la città e con le sue forme associative. Bisogna creare una rete in cui al centro c’è il consiglio e attorno la città in tutte le sue espressioni.Solo così il consiglio torna a essere il luogo capace, nelle sue forme istituzionali, di intessere rapporti con la realtà secondo canoni di partecipazione semplici, trasparenti e efficaci».

Nel suo discorso di insediamento, lei ha citato la scarsa affluenza alle urne. Sente questo peso?
«È un problema che mi pongo da vecchio proporzionalista. L’intero consiglio rappresenta il 57% dei bellunesi, abbiamo un debito con l’altro 43%, quanto meno di ascolto. Il contatto con la città va ricostruito, dobbiamo aprirci al confronto, parlare con la gente. Per questa amministrazione, come per le altre, la scommessa è far uscire Belluno dalla crisi e questo passa anche attraverso la legittimazione, agli occhi dei cittadini, del consiglio come luogo dei progetti e delle idee. Sogno una città dove tutti stiano bene».

Sembra ottimista.
«Non molto, perché vedo che prevalgono logiche di schieramento e perdere tempo non serve nessuno. Mi auguro che col tempo la campagna elettorale finisca e che si possa trovare un percorso comune, entrando nel merito delle questioni».

Reddito minimo garantito, parte la raccolta di firme



Una legge d'iniziativa popolare per l'istituzione del reddito minimo garantito. Un passaggio fondamentale che sceglie il terreno della precarietà esistenziale come nodo decisivo della crisi occidentale e della società italiana. Lo scopo principale della legge è quello di realizzare una campagna che ponga al centro il contrasto alla marginalità e un'attenzione forte a come garantire la dignità della persona e favorire la cittadinanza attraverso l'inclusione sociale.
In una condizione di tragedia economica come quella attuale, con i livelli di precarizzazione selvaggia e di disoccupazione di massa, soprattutto dei più giovani, il reddito può essere una risposta, una possibilità di scelta, di rivendicazione di autonomia e futuro. Con il reddito minimo scegliamo un punto di vista, quello di chi è maggiormente escluso a partire dalla condizione di genere e generazionale.
Siamo tra i pochissimi Paesi europei a non avere alcuna forma di tutela di ultima istanza. Siamo persino inadempienti rispetto all'articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Il reddito minimo è un argine contro il lavoro nero, il lavoro sottopagato e la negazione delle professionalità e della formazione acquisita. Significa in buona sostanza non vendersi sul mercato del lavoro alle peggiori condizioni possibili. Da argine può diventare un paradigma. Per questo il disegno di legge propone tre deleghe al governo sul riordino della spesa assistenziale, gli ammortizzatori sociali e l'istituzione del salario minimo garantito. Il reddito minimo può essere un grimaldello con cui ridisegnare le politiche attive del lavoro, i processi formativi e la generalizzazione del welfare.
Partiamo da subito con la raccolta di migliaia di firme, apriamo comitati a sostegno della legge ovunque sia possibile con chiunque abbia voglia di condividere questa battaglia.