Circolo di Belluno

mercoledì 24 settembre 2014

Governo e lavoro: meno diritti per fare cosa?

Non molto tempo fa il Ministro Poletti ci ha ricordato, quasi ce ne fossimo scordati, che “l’articolo 18 non è un totem.” Ora gli fa eco il Renzi. Piace sempre molto, in politica, parlare per metafore per non affrontare le questioni nel merito; in effetti di che si tratta? Sicuramente non di un totem, né di un mantra, ma di un articolo dello statuto dei lavoratori. È a dir poco sconfortante che un governo creda sul serio di rilanciare l’Italia abolendo il diritto al reintegro nei licenziamenti senza giusta causa (tant’è che il Presidente del Consiglio dei Ministri stesso, sensibile com’è al richiamo dell’ambizione personale, non molto tempo fa, per conquistare un partito che si spera stia provando almeno un minimo di imbarazzo, si esprimeva in senso opposto a quanto fa attualmente). Non è solo una questione di giustizia sociale, oltre che di puro buon senso – al riguardo c’è ovviamente chi ha una sensibilità diversa, che noi non condividiamo – semplicemente è pura fantascienza credere che ciò possa in qualche modo risolvere il disastro economico italiano, che ha ben altre radici.
Ma il Renzi – c’è da esserne certi – risponderebbe prontamente che loro sono per tutelare i precari, per superare la divisione tra cittadini di serie A e cittadini di serie B (tanto per non farsi mancare le amate metafore calcistiche). Come no! Infatti questo governo di grandi speranze e larghe intese, per esempio, voleva eliminare del tutto la quota di stabilizzazioni obbligatorie dopo l’apprendistato; per fortuna l’iter parlamentare ha reintrodotto almeno una quota minima del 20% per le aziende con più di 50 dipendenti (e ciò nonostante riesce ad essere peggio della vituperata legge Fornero, che prevedeva infatti una quota minima del 30% senza distinzioni di dimensione dell’azienda, e dal 2015 la quota sarebbe passata al 50%).
Inoltre, come se non bastasse, il governo aumenta da uno a tre anni la durata massima dei contratti a tempo determinato senza causale. Pone un limite però: per massimo il 20% dell’organico… e chi sfora? Sanzione pecuniaria (no assunzione quindi) del 20% della retribuzione complessiva per la prima unità lavorativa che eccede la soglia, del 50% per quelle successive. Roba pesante insomma, da far venire i brividi. Ammessi ben 5 rinnovi nei tre anni (l’iter ha abbassato la quota di 8 inizialmente prevista dal Ministro); precedentemente, e parliamo sempre della Fornero, era previsto al massimo un solo rinnovo. Voleva anche abolire la formazione obbligatoria per l’apprendistato, ma pare non ci sia riuscito.
E dopo tutte queste mosse “geniali”, per le quali la destra liberista – giustamente – ringrazia di cuore? La disoccupazione e il precariato sono in continuo aumento, in particolar modo quelli giovanili, il cui abbattimento, a chiacchiere, è in cima alla lista delle priorità del governo. Di fatto siamo, assieme alla Grecia, il fanalino di coda dell’Europa. Inoltre il Pil cala, i consumi stentano a crescere, molte aziende continuano a soccombere alla crisi; i giovani laureati lasciano il paese. La maggior parte degli indicatori economici dipinge un presente nero, e non lascia certo ben sperare per il futuro. Il governo che doveva fare una riforma al mese prende tempo e promette una rivoluzione in 1000 giorni (faceva brutto dire quasi tre anni). A spese, come al solito, dei lavoratori e degli aspiranti tali.
Speriamo tutto ciò non cada nel dimenticatoio prima delle prossime elezioni. Nel frattempo ne approfittiamo per ricordare al Presidente del Consiglio dei Ministri che, dati alla mano, il costo del lavoro in Italia è in linea con la media europea e che l’unica differenza sostanziale, semmai, risiede nel fatto che, nonostante il costo per l’azienda sia grossomodo lo stesso, al lavoratore arriva in tasca di meno. Chiediamo quindi gentilmente al suo partito di invitarlo non solo ad un bagno di umiltà, ma anche a studiare un po’ di più prima di accingersi nuovamente a salvare l’Italia dal baratro. Altrimenti, se persiste nel non esibire meriti concreti, toccherà bocciarlo. O non funziona così?

Marco Barluzzi