Circolo di Belluno

martedì 22 marzo 2011

«Tre le criticità che l'affidamento a Gsp comportava»

Articolo di Ermano De Col pubblicato sul Corriere delle Alpi del 20 marzo 2011
http://corrierealpi.gelocal.it/cronaca/2011/03/20/news/tre-le-criticita-che-l-affidamento-a-gsp-comportava-3737079

«Tre le criticità che laffidamento a Gsp comportava»Rileggere il passato aiuta a guardare al futuro, anche quanto al servizio idrico. Svolgo queste considerazioni riportando, quasi integralmente, la lettera esplicativa da me inviata, quale Sindaco di Belluno, già nel 2003 ai 65 colleghi Sindaci dell'Ato "Alto Veneto". Nel 2003, all'indomani dell'assemblea nella quale il Comune di Belluno, su mandato del Consiglio comunale, aveva votato "no" al Piano d'ambito (punto di partenza delle attuali incongruenze) e non aveva partecipato al voto sulla scelta di Bim Gsp Spa quale gestore unico, ho rappresentato direttamente ai colleghi Sindaci i tre "peccati originali", ossia le tre maggiori criticità che secondo il Comune di Belluno la decisione (di approvare quel piano e di affidarlo a Bim Gsp) determinava con evidenza.  Questi tre punti erano e purtroppo restano i seguenti: - un Piano d'Ambito assolutamente inadeguato e a dir poco sommario; - l'assenza di un chiaro ruolo del Comitato Istituzionale e dell'Assemblea della Ato in funzione di un effettivo controllo da parte dell'Ato stesso e dei Sindaci sul soggetto gestore; - la difficoltà di gestire una società (la Spa Bim Gsp) nella quale il principio "una testa, un voto" determina l'impossibilità di veri meccanismi di governo, efficienti e responsabili, adeguati al servizio direttamente affidato. Purtroppo dobbiamo dire che nel 2003 il Comune di Belluno fu facile profeta, perché oggi questi nodi sono venuti al pettine e la situazione complessiva è diventata un macigno pesante. Nel 2003 il Piano d'ambito è nato male. Preceduto da una ricognizione molto approssimata e a campione, poggia tuttora su una radiografia sommaria rivelatasi errata. Per una scelta dettata solo da cattiva volontà politica, Belluno - il Comune più popoloso della provincia - non fu coinvolto nell'impostazione del piano d'ambito, dei suoi scenari operativi, delle sue priorità. Le sue analisi avrebbero meritato e tuttora meriterebbero ragionamenti, approfondimenti, aggiustamenti. Le palesi incongruenze di oggi le avevamo previste e sollevate in ogni sede, senza trovare attenzione, anzi con dichiarato fastidio e addirittura ostilità verso il Comune che aveva denunciato con correttezza e sempre nelle sedi competenti i profondi e gravi limiti del piano e dell'affidamento. Ricordo anzi che venne eretto un

domenica 20 marzo 2011

Alcuni dati sulla disoccupazione nel Bellunese

Dal periodico statistico della provincia di Belluno apprendiamo che tra l’agosto del 2008 e il luglio del 2010 sono 2428 le persone entrate a far parte della schiera dei disoccupati, che raggiunge così quota 7111. Un aumento del 52% in soli due anni, sintomo evidente del fatto che anche nel Bellunese la crisi del mercato del lavoro s’è fatta sentire, eccome.
A ben vedere però, la situazione è ancora più drammatica. Infatti luglio, come testimoniano i dati non solo del 2010 ma anche del 2009, è il mese dell’anno in cui cala di più la disoccupazione a causa delle assunzioni per la stagione turistica estiva. Già da agosto il numero dei disoccupati riprende a salire e in tre mesi circa è tornato ai valori di aprile. Basti pensare che il dato della Cgil, che si riferisce all’agosto 2010, è 8500 circa, superiore di quasi 1400 a quanto riporta la provincia in relazione al mese precedente.
Detto ciò, cerchiamo ora di capire com’è strutturata questa massa di disoccupati e se la sua composizione presenta differenze notevoli rispetto a due anni prima, quando la crisi economica globale era ancora agli inizi.

Sesso. Sei punti percentuali di incidenza sul totale dei disoccupati passano dalle femmine ai maschi, che rimangono comunque in minoranza. Insomma, la distanza tra i due sessi, per quanto ancora presente, tende a diminuire; dal 58% che erano, in due anni le donne hanno visto diminuire il loro peso sul totale e sono scese al 52%. A quanto pare la crisi ha a cuore le pari opportunità più della politica.

Età. Coerentemente con la situazione nazionale, a pagare maggiormente il prezzo della crisi sono i giovani. Il numero di disoccupati tra i 18 e i 29 anni è infatti aumentato del 69% (+698), scarto ben maggiore rispetto a quello delle altre fasce di età, che si aggira attorno al 45-50%. I giovani, inoltre, sono gli unici che nel lasso di tempo preso in considerazione hanno visto aumentare il proprio peso sul totale dei disoccupati (+3% ca.). In realtà, in termini strettamente numerici, i giovani disoccupati sono in leggerissima minoranza, ma questo si spiega facilmente: innanzitutto parliamo di una provincia in cui solo il 12,5% circa della popolazione ha tra i 18 e i 29 anni; se poi ci aggiungiamo che il tasso di attività giovanile si aggira attorno al 35%, capiamo come mai, nonostante il numero relativamente contenuto di giovani disoccupati, nel 2009 il tasso di disoccupazione giovanile sfiorasse già il 18,5% (meglio della media nazionale, ma